martedì 17 giugno 2008

Il pool antimafia

Il Pool, quattro magistrati Falcone, Borsellino e Barrile che lavorano uno a fianco all’altro, donando tutti se stessi al lavoro e alla loro professionalità, sotto la guida esperta e coraggiosa di Rocco Chinnici. Si intravede e, lentamente, si instaura un legame comunitario tra i giudici che appartengono al pool. Hanno la consapevolezza che ognuno è indispensabile nel suo ruolo, che lavorare insieme, con forza e professionalità, può far raggiungere risultati inaspettati. Per questo il pool si muove come un blocco granitico e, a testa bassa, continua nella sua opera. “Lavorando insieme, la mano destra deve sapere cosa fa la mano sinistra. Da noi questo succede”.

E’ nei giovani la forza su cui contare per cambiare la mentalità della gente e i magistrati lo sanno. Vogliono scuotere le coscienze e sentire intorno a sé la stima della gente. Sia Falcone sia Borsellino hanno sempre cercato la gente.

Continua il lavoro nel pool. Questa squadra funziona bene, ma si comprende che per sconfiggere la mafia il pool, da solo, non è sufficiente. Si chiede la promozione di pool di giudici inquirenti, coordinati tra loro ed in continuo contatto , il potenziamento della polizia giudiziaria, l’istituzione di nuove regole per la scelta dei giudici popolari e di controlli bancari per rintracciare i capitali mafiosi . I magistrati del pool pretendono l’intervento dello stato perché si rendono conto che il loro lavoro, da solo, non basta.

Borsellino lavora senza sosta, firma provvedimenti, indaga, ascolta con dedizione e responsabilità. Per questo Chinnici scrive una lettera al presidente del tribunale di Palermo per sollecitare un encomio nei confronti suoi e di Giovanni Falcone, importante per eventuali incarichi direttivi futuri. L’encomio richiesto, non è mai arrivato.

Poi il dramma, il 4 agosto 1983 viene ucciso il giudice Rocco Chinnici con un’autobomba. Borsellino è distrutto dopo Basile anche Chinnici viene strappato alla vita e il vuoto si fa sentire molto.

Il “capo” del pool, il punto di riferimento, viene a mancare e si ha l’impressione che la mafia, questa entità che tutto vede e tutto osserva, abbia ben compreso lo spirito ed il nuovo modo di lavorare dei giudici siciliani. Borsellino con molta preoccupazione commenta: “La mafia ha capito tutto: è Chinnici la testa che dirige il Pool”.

A sostituire Chinnici arriva a Palermo il giudice Caponnetto e il pool, sempre più affiatato continua nell’incessante lavoro raggiungendo i primi risultati. “Sentiamo la gente fare il tifo per noi”. Il Pool non vuole sentirsi solo, cerca lo Stato e i cittadini, vuole una mobilitazione generale contro la mafia.

Nel 1984 viene arrestato Vito Ciancimino e si pente Buscetta, Borsellino sottolinea in ogni momento il ruolo fondamentale dei pentiti nelle indagini e nella preparazione dei processi.

Comincia la preparazione del Maxiprocesso e viene ucciso il commissario Beppe Montana . Ancora sangue, per fermare le persone più importanti nelle indagini sulla mafia e l’elenco dei morti è destinato ad aumentare. Il clima è terribile Falcone e Borsellino vengono immediatamente trasferiti all’Asinara per concludere le memorie, predisporre gli atti senza correre ulteriori rischi.

Nel 1986 Borsellino diventa Procuratore di Marsala per meriti, scavalcando un magistrato che doveva precederlo per anzianità. Vuole continuare le indagini sulla Mafia in quella provincia. Al centro (Palermo) Falcone e a Marsala Borsellino in modo da scoprire tutti i collegamenti esistenti tra la mafia di Palermo e quella della provincia. Vive in un appartamento nella caserma dei carabinieri per risparmiare gli uomini della scorta. In suo aiuto arriva Diego Cavaliero Magistrato di prima nomina. lavorano tanto e con passione. Sempre fianco a fianco, Borsellino è un esempio per il giovane, non si risparmia mai. Teme che la conclusione del maxiprocesso attenui l’attenzione sulla lotta alla mafia, che il clima scemi e si torni alla normalità. Per questo Borsellino cerca la presenza dello Stato, incita la società civile a continuare le mobilitazioni per tenere desta l’attenzione sulla mafia e frenare chi pensa di poter piano piano ritornare alla normalità.

Invece, il clima comincia a cambiare. Il fronte unico che aveva portato a grandi vittorie della magistratura siciliana e che aveva visto l’opinione pubblica avvicinarsi agli uomini in prima linea e stringersi intorno a loro, comincia a cedere.

Nel 1987 Caponnetto è costretto a lasciare la guida del Pool a causa di motivi di salute. Tutti a Palermo aspettavano la nomina di Falcone al suo posto, anche Borsellino è ottimista. Presto, però, si rende conto che il CSM non è dello stesso parere e si diffonde il terrore di veder distruggere il Pool. Borsellino scende in campo e comincia una vera e propria guerra, parla ovunque e racconta cosa stia accadendo alla procura di Palermo; sui giornali, in televisione nei convegni, continua a lanciare l’allarme. A causa delle sue dichiarazioni Borsellino rischia il provvedimento disciplinare. Solo Cossiga, Presidente della Repubblica, interviene in suo appoggio chiedendo di indagare sulle dichiarazioni del magistrato per accertare cosa stesse accadendo nel palazzo di giustizia di Palermo.

Il 31 luglio il CSM convoca Borsellino che rinnova le accuse e le sue perplessità.

Il 14 settembre si pronuncia il CSM Falcone perde e Antonino Meli, per anzianità, prende il posto che doveva essere suo.

Intanto a Roma viene finalmente istituita la superprocura e vengono aperte le candidature; Falcone è il numero uno ma, anche questa volta, sa che non sarà facile. Borsellino lo sostiene a spada tratta sebbene non fosse d’accordo sulla sua partenza da Palermo. Il suo impegno aumenta quando viene resa nota la candidatura di Cordova. Borsellino esce allo scoperto, parla, dichiara, si muove: è di nuovo in prima linea. I due magistrati lottano uno a fianco all’altro, temono che la superprocura possa divenire un arma pericolosa se in possesso di magistrati che non conoscono la mafia siciliana.

Nel Maggio 1992 finalmente Falcone raggiunge i numeri necessari per vincere l’elezione a superprocuratore. Borsellino e Falcone esultano, ma il giorno dopo Falcone viene ucciso insieme alla moglie, a Capaci; la mafia sa che in quel posto il giudice Falcone era troppo pericoloso.

Borsellino soffre molto, il legame che ha con Falcone è speciale e lui è morto tra le sue braccia. Tutti i momenti trascorsi insieme, da quelli più belli a quelli più brutti, gli tornano alla mente.

Dalle prime indagini nel pool, alle serate insieme, alle battute per sdrammatizzare, ai momenti di lotta più dura quando insieme sembravano “intoccabili”, al periodo forzato all’Asinara fino al distacco per Roma. Una vita speciale, quella dei due amici-magistrati, densa di passione e di amore per la propria terra. Due caratteri diversi, complementari tra loro, uno un po’ più razionale l’altro più passionale, entrambi con un carisma, una forza d’animo ed uno spirito di abnegazione esemplari.

Ancora un attacco al vecchio pool, e a quello nuovo che tanto faticosamente sta nascendo. Ora Borsellino sa che è rimasto solo e che il prossimo sarà lui. Questa consapevolezza lo accompagnerà fino alla fine, lo farà agire in maniera spasmodica, senza tregua, nella sua nuova lotta : quella contro il tempo. L’amore per la giustizia è diventato più forte nel momento in cui ha potuto condividerlo con i suoi colleghi ; quando, uno a fianco all’altro, quei magistrati hanno sentito di lottare insieme per raggiungere ad ogni costo la verità. Ora sa che non può mollare per Falcone e la sua scorta, per Chinnici, Cassarà e tutti gli altri.

Gli viene offerto di prendere il posto di Falcone nella candidatura alla superprocura, ma Borsellino rifiuta, sebbene sia consapevole che quella sia l’unica maniera che ha per condurre in prima persona le indagini sulla strage di Capaci. Così risponde al Ministro : “...La scomparsa di Falcone mi ha reso destinatario di un dolore che mi impedisce di rendermi beneficiario di effetti comunque riconducibili a tale luttuoso evento....”. Resta a Palermo, nella procura dei veleni per continuare la lotta alla mafia, diventando sempre più consapevole che qualcosa si è rotto, che il suo momento è vicino.

Ad un mese dalla morte dell’Amico Falcone, tra le fiaccole e con molta emozione parla di lui, cerca di raccontarlo: “Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione....per amore. La sua vita è stata un atto d’amore verso questa città, verso questa terra che lo ha generato. Perché se l’amore è soprattutto ed essenzialmente dare, per lui, amare Palermo e la sua gente ha avuto e ha il significato di dare a questa terra qualcosa, tutto ciò che era possibile dare delle nostre forze morali, intellettuali e professionali per rendere migliore questa città e la patria a cui essa appartiene. ..Sono morti tutti per noi, per gli ingiusti, abbiamo un grande debito verso di loro e dobbiamo pagarlo, continuando la loro opera...dimostrando a noi stessi e al mondo che Falcone è vivo”.

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